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La verità della relazione

In questi ultimi mesi  ho girato un po’: da Taranto a Udine ho attraversato l’Italia in tutta la sua lunghezza, non tutto in una volta! A più riprese ho incontrato famiglie del Parco e del Circo. Per alcuni è stato un primo incontro, per  altri un rivedersi da non troppo tempo, per altri è stato un rivedersi dopo molti anni, troppi. Ho trovato bimbi che non erano più bambini e facce con i segni del tempo passato. Ma la gente del viaggio non si smentisce mai: dopo anni , passato l’attimo del “riconoscersi”, recuperate alla memoria le linee dei volti noti sembrava che ci fossimo lasciati la settimana prima. La stessa confidenza, lo stesso piacere di stare insieme. Ma anche con le persone incontrate per la prima volta, dopo quel tanto che è bastato, mi hanno dato l’impressione di esserci conosciuti da sempre.
Si potrebbe fare un’analisi psico-sociologia, uno studio sulla relazionalità in certe categorie di persone, si potrebbero ricercare  radici antropologiche e comportamentali, si potrebbe fare più semplicemente della retorica sui valori, si potrebbe fare della poesia che si perda come tra le immagini di un film di Fellini.
Niente di tutto questo forse è solo questione di  umanità o se vogliamo di verità.
La verità non è un fatto assoluto, immutabile, asettico. La verità passa sempre attraverso la soggettività delle persone. E’ vero che un albero rimane sempre un albero, ma se si guarda con più attenzione potrebbe essere un arbusto un po’ cresciuto. Proviamo ad ascoltare testimoni diversi di uno stesso incidente stradale per sentire versioni contrastanti dello stesso fatto. Sul piano sportivo, la lettura diversa della “verità” ha fatto la fortuna di trasmissioni televisive e radiofoniche.
La verità non è dunque assoluta, ma relativa implica il mio coinvolgimento, la mia emotività, la mia relazione. Il bicchiere può essere mezzo pieno o mezzo vuoto secondo come lo si guardi.
Per gente che ha fatto dello spettacolo la propria vita, che tutti giorni “gioca” con la finzione, che cosa è la verità? La faccia truccata, i lustrini sul vestito, il sorriso accattivante o le scarpe infangate, le mani sporche dell’impianto, la faccia arrabbiata per un motore che non parte?
La verità vera sta nella relazione in quello che sappiamo e vogliamo offrire agli altri e quello che dagli altri ci aspettiamo, con tutti i limiti che conosciamo, le difficoltà che ogni relazione comporta. I fatti diventano relativi o marginali, i guai nascono proprio quando facciamo dei fatti un assoluto, uno ostacolo alla relazione. Faccio solo un esempio: l’amicizia, l’affetto, l’amore, i sentimenti forti che caratterizzano relazioni vere sono indipendenti dai fatti, dalla vicinanza o dalla lontananza, dalla vita o dalla morte. Se dei fatti si fa un assoluto la tragedia della perdita di una persona cara diventa una disperazione senza fine.
Credo che la gente del viaggio debba andare orgogliosa della sua capacità di cogliere la verità nelle proprie relazioni, pur condizionate dagli eventi che attraversano la vita, con la ricchezza di una umanità che la distingue capace di incontrare con affetto un vecchio amico e di manifestare gioia per un amico nuovo che da subito è diventato uno vecchio.

EDITORIALE - In Cammino 2009-1